mercoledì 16 novembre 2016

Non respingere i sogni

Non respingere i sogni perché sono sogni. Tutti i sogni possono essere realtà, se il sogno non finisce. La realtà è un sogno. Se sogniamo che la pietra è pietra, questo è la pietra. Ciò che scorre nei fiumi non è acqua, è un sognare, l’acqua, cristallina. La realtà traveste il sogno, e dice: “Io sono il sole, i cieli, l’amore”. Ma mai si dilegua, mai passa, se fingiamo di credere che è più che un sogno. E viviamo sognandola. Sognare è il mezzo che l’anima ha perché non le fugga mai ciò che fuggirebbe se smettessimo di sognare che è realtà ciò che non esiste. Muore solo un amore che ha smesso di essere sognato fatto materia e che si cerca sulla terra. Pedro Salinas

venerdì 2 marzo 2012

I sogni nell'Islam

Nella tradizione islamica l’importanza dei sogni e la pratica oniromantica ebbero uno spazio centrale come pratica divinatoria ed eccelsa attraverso cui Dio poteva comunicare con gli uomini.

L’interpretazione dei sogni e dei simboli era fondamento e tessuto della vita quotidiana e delle regole della dottrina.

Lo stesso Maometto ricevette in un sogno la sua investitura a profeta dall’angelo Gabriele. Questi gli presentò un frammento di broccato su cui erano scritte alcune parole, e gli intimò di leggere.

Nonostante l’ affermazione di “non saper leggere” quelle parole al suo risveglio parevano “impresse nel suo cuore come un ferro rovente” e costituirono l’inizio del Corano. Il seguito gli fu egualmente dettato nei sogni e di sogni e di visioni tutta l’opera è pervasa.

Nella tradizione coranica il sacerdozio come voto esclusivo non è contemplato: non esistono mediazioni tra l’uomo e Dio e Muhammad proibì qualsiasi pratica mantica, poiché nella divinazione rintracciava l’ignoranza e la cecità morale dell’epoca profana, ossia di tutto quello che c’era stato prima del suo avvento. Una sola scienza divinatoria viene risparmiata dalla censura e si guadagna un ruolo da vera protagonista nella spiritualità musulmana: l’oniromantica, ‘ilm al-ta‘bı¯r, ossia l’abilità di interpretare i simboli contenuti nel sogno per trarne auspici o insegnamenti. La scelta ovviamente non è casuale. Per i musulmani il sogno veridico, ru‘ya¯, ha in sé il potere e l’autorevolezza della profezia e consente a Dio di comunicare direttamente con l’uomo.

La stessa vita di Muhammad, infatti, ribadisce la nobiltà del mondo onirico e attribuisce una pregevole rilevanza all’interpretazione: è un sogno che annuncia alla madre la nascita del Profeta, sono i sogni a scandire i momenti salienti della sua esistenza e, ancora, attraverso la loro interpretazione egli riesce a presagire per il bene dei suoi. Per Muhammad e per l’insegnamento coranico la notte è il momento propizio per cogliere la Parola di Dio, mentre il giorno disperde l’attenzione e allontana da sé:

O Inviato, tu che ti avvolgi nel mantello pronto a dormire!
Veglia per almeno la metà
della notte in Preghiera,
recitando i versetti del Libro.
In verità, Noi stiamo per far scendere su di te la Nostra Parola
e le ore della notte sono quelle in cui il cuore
dell’uomo più si apre a Dio,
mentre l’agire del giorno lo distoglie dal pensare a Lui.
Invoca dunque il Nome di Dio a prosternarti in Preghiera.
In verità, Egli è il Padrone dell’Universo, l’Unico e l’Onnipotente.

Il Libro Sacro arrivò a Muhammad per diretta trasmissione divina:

[…] in verità, noi facemmo scendere su di te il Libro della Notte del Destino,
una notte che
è migliore di mille mesi!
In essa scesero dal Cielo, per nostra Volontà, i Nostri Angeli e il Nostro Spirito, a porre nel tuo cuore i Versetti del Libro. E, con ogni Versetto, la Nostra Pace!
Ciò sino allo spuntare dell’alba!

La Tradizione racconta che dai quarant’anni la sua vita fu pervasa di visioni. Nei sogni notturni una fi gura mostruosa, di proporzioni enormi, tanto da arrivare a toccare il cielo con la testa, cercava di afferrarlo. Di giorno udiva provenire da muri, sassi e ventri di animali, voci che lo riconoscevano quale Apostolo di Allah. Muhammad viveva queste esperienze con terrore, temendo di essere impazzito o di essere indemoniato. Una notte la solita figura gli comparve nuovamente in sogno: stringeva tra le mani un broccato su cui era scritto qualcosa e lo obbligò a leggere, nonostante tutte le sue resistenze. Al risveglio quelle parole erano impresse a fuoco sul suo cuore. Per i musulmani su quella stoffa erano stampate le parole che costituiscono l’incipit del Corano. La letteratura sacra non era nuova a questo tipo di storia: nell’ambito cristiano, infatti, si avvaleva già di un simile esempio nel Libro di Ezechiele o nell’Apocalisse di Giovanni, anche questo un testo nato, secondo gli insegnamenti, dal contatto con un’altra dimensione.

Nel Corano, dunque, il sogno e la visione hanno un ruolo indiscutibile e scandiscono i passi salienti del testo. Vi si racconta, tra l’altro, del viaggio che Allah fece compiere al suo Profeta durante la fase onirica:

Sia Lode a Dio, il quale, una notte, fece salire il Suo Inviato dalla Santa Casa alla Casa Celeste, affinché potesse mostrare a voi i Nostri Segni.

I miscredenti non credettero alla veridicità dell’accaduto e il sogno divenne espediente per mettere alla prova la fede. Il sogno, quindi, è anche tentazione (fitna):

Ricorda, Mohammad, di quando ti dicemmo che Dio è costantemente sugli uomini. E la visione che ti mostrammo la ponemmo quale tentazione per essi, allo stesso modo che, nel Libro, vi è l’Albero Maledetto. Noi minacciammo agli uomini i Nostri Castighi, ma ciò accresce solamente la loro miscredenza!

In un’altra occasione, attraverso il sogno, Dio legifera. Egli, che è Onniscente, fa vedere al Profeta ignaro un suo pellegrinaggio verso la Mecca secondo le usanze preislamiche. Egli dovrà realizzare la visione nella veglia, pur paventando una pessima reazione dei Meccani, e il risultato sarà l’introduzione dell’uso del pellegrinaggio alla Santa Moschea nel culto islamico:

Dio renderà concreta la visione da Lui mandata al Suo Inviato, quando gli disse: «Voi entrerete nella Santa Moschea vincitori, dopo esservi rasi il viso e accorciati i capelli e questa è promessa di Dio!» Egli conosce ciò che voi ignorate e ben presto vi concederà la sospirata vittoria!

Attraverso la storia di Abramo e del sacrificio di Isacco, invece, si ribadisce la veridicità del sogno e il suo potere di legare i buoni a Dio. Abramo realizza il contenuto del sogno accingendosi al sacrificio del figlio, che si presta come docile vittima all’avverarsi della volontà di Allah. L’atto volontario è frutto dell’ispirazione divina e diventerà ricompensa stessa della fede:

E noi gli demmo il lieto annuncio di un figlio, il quale crebbe paziente e mite.
Indi gli ordinammo di immolarlo, apparendogli in sogno, per cui Abramo così parlò al ragazzo: «Figlio mio, Dio vuole che io ti sacrifichi a Lui. Che cosa pensi che debba fare?».
Gli rispose il figlio: «Padre, conformati alla Sua Volontà e io sarò per te una docile vittima, nella speranza che Dio mi accolga nel Suo Paradiso, nel giorno del Giudizio».

Ma come Abramo fu sul punto di immolarlo,

Noi lo chiamammo: «Abramo! Fermati! Ora Dio sa che tu sei nel numero dei Credenti e dei Timorati!».

Ma sicuramente all’interno del Corano la storia di sogni e di interpretazioni più rilevante e rappresentati va è quella di Yûsuf, che si incentra fondamentalmente attorno a due sogni significativi: quello delle undici stelle, del Sole e della Luna e l’altro, celeberrimo, del Faraone.

Nel primo caso il sogno, opportunamente compreso dal padre di Yûsuf, rivela al giovane la volontà di Dio di concedergli il dono dell’interpretazione:

Un giorno Giuseppe disse a Giacobbe, suo padre. «Padre mio, ho visto in sogno il Sole, la Luna e undici stelle e tutti si prosternavano davanti a me».
Gli rispose Giacobbe: «Figliolo mio, guardati dal raccontare questo sogno ai tuoi fratelli, affinché essi non abbiano a odiarti per quanto Dio ti riserverà. In verità, Satana è per l’uomo un nemico manifesto ed eccita in lui odio e passioni!
Sappi che Dio ti ha scelto a Suo Inviato ed Egli ti darà la Conoscenza del significato delle Sue Parole».

Nel secondo caso Yûsuf, il Benigno e il Favorito da Dio per ricompensa alla sua fede, legge il sogno del Faraone che è capo della corte idolatra. Per i musulmani solo chi è puro di cuore può interpretare i segni divini. Ciò rende alta dignità alla figura dell’onirocritico. Infatti, poiché Satana può interferire col sogno suscitando invidia nell’animo degli uomini, i sogni vanno raccontati solo a persone buone e compassionevoli:

«Sire, io so chi potrà farvi conoscere il significato del vostro sogno, ma ora si trova in prigione. Andrò da lui ed egli mi svelerà ogni recondito segreto!». Si recò da Giuseppe e gli disse: «Giuseppe, Operatore del bene, dimmi che cosa significano sette vacche grasse mangiate da sette vacche magre e sette spighe verdi vicino a sette spighe secche. Parla affinché io possa riferirlo al Faraone e ai suoi Consiglieri».

In una società religiosa, quindi, in cui l’istituzione del sacerdozio non è contemplata, il sogno diventa il mezzo espressivo per eccellenza con cui Dio si rivolge anche agli uomini comuni, e non solo ai Profeti, concedendo loro una piccola rivelazione, figlia minore della profezia stessa. L’onirocritica islamica trova la sua funzione nell’individuazione del sogno veridico, ru‘ya¯, che proviene da Dio e ha carattere divinatorio. A questo si contrappone un secondo genere di sogno, hulm, che è invece espressione di Satana, la cui natura fastidiosa e molesta ne rivela immediatamente l’origine. Un caso a parte costituiscono i sogni che vengono definiti «grovigli di sterpi», un’interessante denominazione per quelle esperienze oniriche che, secondo l’accezione islamica, sono una manifestazione del limitato pensiero dell’uomo che si ripiega su se stesso, perso nelle sue congetture anche quando dorme, e che nulla hanno a che vedere con la dimensione trascendente.

Secondo l’onirocritica islamica individuare la provenienza del sogno è, tutto sommato, semplice e semplicistico. La discriminazione si basa infatti su due concetti essenziali: il primo di carattere sensibile, ossia un sogno che viene da Dio produce al sognatore sensazioni piacevoli, mentre un sogno demoniaco infligge percezioni sgradevoli che ne sottolineano i contenuti ingannevoli. Il secondo è di matrice etica, per cui più che considerare obiettivamente il contenuto del sogno, si giudica la personalità del sognatore che, se sincero, produrrà sicuramente materiale onirico attendibile.

Ciò trova conferma nello scritto Il giardino dei devoti di Imam an-Nawawi, che riferisce come per Muhammad colui che è il più veritiero nel sogno è anche il più veritiero nel raccontarlo. Nawawi spiega che per i profeti il sogno è una delle quarantasei parti della profezia, definizione che si avvicina in modo impressionante alla tradizione talmudica in cui varia solo l’elemento numerico. Secondo la cultura ebraica il sogno rappresenta la sessantesima parte della profezia, mentre il sonno un sessantesimo della morte. Ma l’accezione del termine profezia non può considerar si nella sua valenza più banale, cioè quella di previsione. La sua valenza è decisamente più esoterica e una chiave di lettura interessante la propone indirettamente Papa Gregorio Magno, il quale sostiene che «è il caso di tener conto che la finalità specifica della profezia non è di predire il futuro, ma di rivelare ciò che è occulto».

Sognare diventa quindi la possibilità stessa di aprirsi alla profezia e di esplorarne le sconfinate vie, la possibilità intrinseca all’uomo di farsi luogo per accogliere Dio attraverso le immagini, Dio che è l’Immagine per eccellenza. Ma, come sentenzia un antico insegnamento islamico, «il sogno è per il primo interprete», ossia appartiene non tanto al sognatore, che ha semplicemente il potere di produrlo, ma a colui che possiede le chiavi per penetrarlo e spiegarlo, tanto da poter innescare quel processo di eventi reali che non potrà più essere arrestato. Infatti, secondo la tradizione musulmana, «il sogno si avvera secondo la sua interpretazione», essendo quest’ultima il fatto reale e non il sogno in sé, che, senza un’adeguata lettura, rimarrebbe esperienza priva di senso. Di qui la necessità di scegliere adeguatamente la persona cui raccontare ciò che si sogna, così come quella di non riferire affatto i propri incubi, che vanno esorcizzati addirittura in maniera fisica, sputando tre volte al suolo, verso sinistra, come vuole il costume popolare, per scacciare il Maligno e rimettersi a Dio.

Ancora una volta i punti di contatto con la tradizione ebraica sono netti. Nel Talmud, infatti, si racconta di Rabbi Bannah che, avendo fatto un sogno, lo portò a interpretare dai ventiquattro onirocritici presenti a Gerusalemme. Ricevette in cambio ventiquattro interpretazioni diverse, eppure il Libro Sacro insegna che nessuna di esse fu falsa, perché tutte si avverarono. È evidente, quindi, che l’onirocritico gestisce un potere infinito, assurgendo de facto al ruolo di tramite tra l’umano e il divino e potendo concreta mente influenzare la vita del prossimo. Per la cultura islamica, e d’altro canto per numerose altre culture, egli è il depositario della verità che risiede nel sogno, nell’ottica in cui sogno e veglia, essendo due stati dell’essere, si equivalgono, sebbene il primo celi in sé la possibilità di accedere a una conoscenza superiore.

C’è un elemento, però, che caratterizza l’interpretazione del sogno nell’Islam, rendendola fondamentalmente fatto religioso e non spirituale e distinguendola dalle culture in cui l’interprete, mosso dall’ispirazione, è libero di perdersi nei meandri della propria particolare sensibilità: la conoscenza pedissequa, addirittura mnemonica, del Corano e delle Tradizioni, dato che ad essi si attinge per poter decodificare la valenza dei simboli onirici.

Sono in linea di massima tre i criteri per svelare il senso dell’elemento sognato: ricordarne, qualora ne esistesse un esempio, l’interpretazione data dal Profeta Muhammad in vita, rifarsi al significato allegorico che gli si riferisce nel Libro Sacro, lavorare sul nome dell’oggetto del sogno attraverso il suo significato, il suo senso opposto o la sua valenza etimologica. A tal proposito, così è riportato nel Ta‘bir al-ru‘ya¯, antichissimo trattato sull’interpretazione del sogno veridico che la tradizione vuole di Muhammad Ibn Sı¯rı¯n, sebbene problemi di datazione non confermino tale attribuzione:

Il sogno si interpreta in relazione ai tempi e ai momenti, talvolta con l’ausilio del Libro di Dio, talvolta delle Tradizioni o dei Proverbi. Può non rivolgersi a colui che sognò ma a chi gli somiglia nell’aspetto o nel nome. Il sogno si interpreta secondo il nome dell’oggetto sognato, considerandone il significato o il contrario o l’etimologia, qualche volta aumentando o qualche volta riducendone il valore.

Interessanti i casi esemplificativi del concetto di interpretazione che fornisce la stessa opera:

Esempi di interpretazione secondo Il Corano sono le uova, che indicano le donne per il versetto «Esse sono come uova celate», oppure la pietra che indica la durezza di cuore per il versetto «I vostri cuori si indurirono e divennero come le pietre». […] Esempi di interpretazione mediante le Tradizioni sulla vita del Profeta sono il corvo e il topo che indicano l’uomo e la donna turpi, perché turpi il Profeta chiamò questi animali, oppure la costola che rappresenta la donna poiché, come disse Muhammad, su di lui siano la preghiera e la pace, la donna fu creata da una costola ricurva. […] Esempi di interpretazione mediante il significato letterale del nome sono i nomi propri: Fadl vuol dire ‘eccellenza’, Ra¯sˇid ‘rettitudine’, Sa¯lim ‘pace’. […] Un esempio di interpretazione per contrario è il pianto che significa gioia purché non sia accompagnato da grida, urla o grande pena del cuore.

Il mu‘abbir, ‘interprete di sogni’, quindi, non è un veggente, come negli usi preislamici. È un dotto e un indottrinato, che si inserisce in un quadro teocratico e che può muoversi in un ambito definito e delimitato: quello della Legge rivelata. E, per non influenzare negativamente la profezia contenuta nel sogno, deve essere irreprensibile da un punto di vista morale, come testimonia la Sura di Giuseppe.

Su esempio del Profeta, l’uomo comune sentì l’esigenza di appropriarsi del linguaggio dei sogni. Sotto tale impulso, il numero degli interpreti aumentò incredibilmente e, quando anche questi non bastarono più ad appagare le necessità onirocritiche, nacque il bisogno di mettere per iscritto i criteri che imbrigliavano l’interpretazione nel quadro dell’insegnamento coranico. Il primo e più importante insegnamento riguarda l’oggetto sognato, inserito in una gerarchia che chiaramente prevede al primo posto Dio. Seguono per importanza, in maniera non così vincolante e rigida, i profeti e i giusti, gli esseri sovrannaturali (figure angeliche e demoniache), gli uomini, gli animali, i defunti:

Sognare che il Sublime, l’Altissimo, esprima approvazione, si interpreta come benedizione, felicità e prosperità. Tale sogno, inoltre, indica che così lo si incontrerà nel Giorno del Giudizio poiché Egli approva l’operato della nostra vita. […] Sognare un angelo porta onore nella vita terrena, felicità e vittoria alla gente del luogo ove il sogno è avvenuto. Sognare gli angeli di rango più elevato è buon auspicio e predice sˇaha¯da, fertilità, abbondanza di pioggia, dovizia di ricchezza e modicità dei prezzi. […] Un uomo sconosciuto apparso in sogno è davvero un angelo e perciò non necessita di interpretazione. […] L’apparizione del Profeta in sogno è di buon auspicio e può indicare molte azioni di pietà purché non compaia alcun elemento riprovevole, in questo caso, infatti, il sogno è presagio di afflizione nella vita materiale e di miseria.

Citato nove volte nel Corano. Nella Sûra 12ª, in cui si narra la storia di Giuseppe, è visto come comunicazione da interpretare da parte di colui cui Dio ha dato il dono dell'interpretazione dei sogni. 12ª6 Così il Signore ti sceglierà e ti insegnerà l’interpretazione dei sogni. Nella storia sia biblica sia coranica vi sono il primo sogno di Giuseppe, i due sogni del coppiere e del panettiere del faraone, e vi è il sogno del faraone a proposito delle 7 vacche magre e delle 7 vacche grasse, e delle sette spighe, secondo una vicenda descritta anche nella Bibbia.
12ª43-44 Il re disse: «Certo, ho visto sette vacche grasse mangiate da sette magre; e sette spighe verdi, e altrettante secche. O maggiorenti, datemi una spiegazione del sogno, se sapete interpretare il sogno.» Dissero: «E' un mucchio di sogni. Non sappiamo interpretare i sogni.»
La storia di Giuseppe comunque è nota a tutti e non starò a raccontarvela. Il Corano cita ancora il sogno parlando dei detrattori del Profeta, che lo accusavano di raccontare sogni: 21ª5 Essi dissero: «Ecco piuttosto un ammasso di sogni. No, egli lo ha inventato. No, è un poeta. Ci porti un segno come quelli che avevano i primi inviati.»
* Ma veniamo globalmente al sogno nel mondo islamico. Di esso in modo specifico si occuparono sia i teologi (il sogno nel Corano, e il sogno come discorso diretto di Dio al fedele), sia gli appassionati di Magia, sia i medici psicologi e psichiatri. Lo sviluppo di una scienza onirocritica diede luogo a molti libri sull'interpretazione del sogno. La scienza del sogno (`ilm âl ta`bîr) è affidata non al veggente ma al dotto, vuoi al medico stesso. Una delle prime opere in merito fu il Libro dei sogni di Hunayn bn Îshâq (?-873), ma ben più importante fu il Tafsîr âlRu`yâ di Muhammad bn Sîrîn (?-728), cui seguirono non meno di ottomila testi ed opuscoli lungo il corso dei secoli, libri ed opuscoli sempre più scientificizzati.
Va detto anzitutto che i primi manicomi al mondo furono musulmani. Celebri quello di Aleppo, fondato da Nûr âlDîn Mahmud Zanji poco dopo il 1157, rifatto nel 1260 da âlNasir il Mamelucco, con tre sezioni: inizio, cura, cronici; quello di Divrigi, nel cuore della Turchia, fondato nel 1228 per conto della principessa Turan Malk; quello di Edirne, fondato da Beyazit II° nel 1498, descritto da Evlia Celebi, e nel quale c'era anche un reparto di musicoterapia ed uno di idroterapia per le psicosi. Vi si descriveva la suddivisione del sonno così come è stata individuata oggi: sonno REM e sonno profondo (durante il sonno REM il corpo dorme e la mente è sveglia e sogna, e durante il sonno profondo il corpo è sveglio e la mente dorme e non sogna); vi si insegnava l'interpretazione dei sogni, suddividendoli nelle tre parti note alla scienza occidentale d'oggi: il sogno comunicazione dell'inconscio (che serve egregiamente alla psicoterapia); il sogno soluzione di un problema che angustia allo stato di veglia; il sogno determinato da una situazione che d'improvviso altera l'ambiente in cui si dorme. Parlano del sonno e dei sogni alcuni fra i più importanti trattati di psichiatria: quello di Najab âlDîn Muhammad di Samarcanda (VIII secolo), quello di Âbû Sayd bn Bakhtyshu, il - Risalah fi âlTibb wa âlAhdat âlNaf saniya, in cui si discute di: olistica, psicosomatismo e somatopsiche; e i testi di Îbn Masawaih (800-857), di Âbi âlÂsh`ath (?-970), di Humaiun bn Îshaq (809-873), nei quali è maggiormente descritta la depressione; e il celeberrimo Maqâla fî âlMâlîhûliyâ (trattato della Melanconia) di Îshâq bn `Imrân (?-970), tradotto in latino da Costantino l’Africano; l'autore vi distingue acutamente tristezza, ansia, angoscia, valori psichici e valori somatici, e parla di analisi della psiche elencando le medicine appropriate.
Oltre a questi trattati scientifici, vi è poi una abbondante letteratura mistica, in cui il sogno è veicolo di comunicazioni tra il mondo dei profeti e dei maestri, e gli adepti sufi sulla terra. Ne cominciò a parlare Âbû Bakr Kalâbâdî (?-995) nel suo Libro delle informazioni sulla dottrina degli uomini del Sufismo. Tra i molti esempi, giusto a mo' di esempio cito questo passo: « Una testimonianza sull'autenticità dei sogni è data dal seguente fatto tramandato per tradizione, che ci è stato riferito e che risale ad Hasan Basrî, il quale disse: "Entrai nella moschea di Basra. Un gruppo dei nostri compagni vi si erano seduti ed io mi unii a loro. Ora, stavano parlando di un certo personaggio e ne dicevano male in sua assenza. Io dissi loro di non parlarne e citai delle tradizioni sulla maldicenza, che avevo raccolto e che risalivano all'Inviato da Dio e anche a Gesù figlio di Maria. I sufi dunque si astennero dal continuare e si misero a parlare d'altro. Dopo uh momento, il caso di quell'uomo si presentò di nuovo nella conversazione; essi ne discussero e anch'io mi misi a discuterne con loro. Poi ognuno se ne andò a casa per conto suo, e anch'io andai a casa. Mi addormentai e subito ebbi un sogno in cui un uomo di colore venne da me portando un piatto di legno di salice in cui c'era un pezzo di carne di maiale. Mi disse: "Mangia!" "Non la mangerò, è carne di maiale." Egli insistette ed io diedi la stessa risposta; poi una terza volta ed io ancora risposi: "Non mangerò, è carne di maiale, ed è proibita." "Tu la mangerai!" Io rifiutai ancora. Allora egli mi aperse le mandibole e mi mise in bocca il pezzetto di maiale. Io mi misi a masticare, poiché l'uomo di colore era rimasto davanti a me, e avevo ad un tempo timore a sputare il boccone e disgusto ad inghiottirlo. Fu in queste condizioni che mi svegliai; e per trenta giorni e trenta notti - non potei proprio farci nulla! - in tutto ciò che mangiavo e in tutto ciò che bevevo trovavo il sapore e l'odore della carne di maiale.»
L'iraniano Shihâb âlDîn Suharawardî (1155-1191), uno dei massimi maestri dell'esoterismo sufi, nel suo Libro dei raggi della Luce (Partaw Nâmeh) scrisse: «Può accadere che l'anima percepisca una forma di grande bellezza, la quale gli rivolge un discorso di bellezza altrettanto grande. Può accadere che senta una voce chiamarla, oppure leggere un testo scritto. Tutto ciò avviene nel sensorium. Accade anche che l'immaginazione attiva liberi tutto ciò e lo trasferisca in qualche cosa di analogo, oppure in qualche cosa di opposto. Se accade in sogno, occorrerà una interpretazione (ta'bîr). Se ciò accade nello stato di veglia, occorrerà un'ermeneutica dei simboli (ta'wîl). La parola "sonno" (khwâb) indica uno stato in cui lo spirito (rûh) si ritira dall'esterno (zâhir, l'essoterico) all'interno (bâtin), l'esoterico.»
E ancora. Nel suo Racconto dell'esilio occidentale (Qissat âlGharbat âlgharbîya) leggiamo: «La notte è la caduta delle pastoie imposte dalle percezioni sensorie. E' la libertà per l'Immaginazione attiva al servizio dell'Intelligenza che l'ispira. Questa notte mistica è dunque, di fatto, l'ora dell'Îshrâq (la Luminosità, l'Illuminazione).» Un anonimo scrittore iraniano così commentò questo passo: « L'autore intende dire qui che durante la notte, grazie al sonno, voi potete salire nel mondo superiore e contemplare le pure forme spirituali, grazie al fatto che, durante il sonno, i sensi sono dismessi dalle loro funzioni e non dominano più. Ma durante il giorno, nello stato di veglia, è impossibile che tu possa fare ciò, a causa della tirannia dei sensi. In altre parole: con la morte si può giungere al mondo degli esseri spirituali puri. Orbene, il sonno è una seconda morte. Il Corano allude a ciò: Dio riceve le anime nel momento della morte, e riceve anche quelle che, senza morire, sono nel sonno (39/49)... Durante il sonno, grazie all'abdicazione dei sensi noi possiamo contemplare qualche cosa del mondo dell'Angelo [...]. Allora sentiamo nostalgia della nostra patria spirituale, poiché anche noi apparteniamo a quel mondo.»
Concluderò con il massimo poeta sufi, Jalâl âlDîn Rûmî (1207-1273), detto il san Francesco della gente turca. Dal suo capolavoro, il Mathnawî, il più grande poema mistico dell'umanità tutta (due volte la Divina Commedia) leggiamo: (Volume 4°, 425-429) «La notte, in ogni casa c’è una lampada affinché quelli che vi abitano possano essere salvaguardati dall’oscurità. /Quella lampada è come questo corpo, la sua luce è come la psiche; le occorre uno stoppino, e questo, e quello; / La lampada che possiede sei stoppini, ossia i sensi [i cinque sensi, più il “senso comune”, il hiss-i mushtarak], è basata interamente sul sonno e sul cibo. / Senza cibo e senza sonno, non vivrebbe neppure un momento; e persino col cibo e col sonno non vive. /Senza stoppino e senza olio, non dura, e con uno stoppino e dell’olio è altrettanto effimera.»