venerdì 2 marzo 2012

I sogni nella tradizione indiana: dal Tibet ai Veda

Nelle cosiddette mistiche superiori, riscontriamo che in uno dei più vecchi testi della tradizione induista, come le Upanishad, sia fatto specifico riferimento alla condizione di sonno-sogno, attraverso cui l’essere si trasferisce dal mondo manifesto a quello immanifesto o dei piani ultrasottili.

Degno di attenzione quanto espresso nella “Brihad-Aranyaka Upanishad” a proposito dello stato di sonno-sogno:

- Ajatasatru disse: "Quando un uomo si addormenta così, la persona fatta di coscienza raccoglie la coscienza di tutti i sensi e si ritira nello spazio all’interno del cuore. Quando i sensi sono così trattenuti si dice che l’uomo è addormentato. Allora il respiro è trattenuto. La voce è trattenuta. L’occhio è trattenuto. L’orecchio è trattenuto. La mente è trattenuta. Quando si addormenta, questi mondi sono suoi. Allora diventa un grande re, portando con sé la sua gente, si muove a proprio piacimento nel suo regno, così la persona fatta di coscienza, portando con sé i sensi, si muove a proprio piacimento nel corpo. Quando si entra nel sonno profondo, in cui non c’è più coscienza di nulla, la persona fatta di coscienza esce attraverso i 72.000 canali che dal cuore conducono al pericardio e ivi si riposa. Si riposa come un giovane, o come un grande re, o come un bramino che ha raggiunto il culmine della beatitudine. Come un ragno secerne la sua tela, come le scintille sprizzano dal fuoco, così da questo Sé emergono tutti i soffi vitali, tutti i mondi, tutti gli déi, tutti gli esseri. Il suo significato mistico è “la Realtà della Realtà”. In verità, i soffi vitali sono la realtà. Esso è la loro Realtà."

Da millenni appunto, nell’Induismo, nel Buddismo, nel Taoismo e nelle culture tradizionali di tutto il mondo è stata dimostrata l’esistenza di una classe di esperienze oniriche che hanno favorito l’evoluzione del progresso culturale e religioso dell’umanità. Sempre da tempi molto antichi, inoltre, sono ben documentate sia la possibilità di sviluppare la consapevolezza del sogno, per ottenere esperienze profonde e ispirazione, sia la capacità di controllare il sogno stesso.

Storicamente la filosofia buddhista ha assunto nei Paesi in cui si è diffusa caratteristiche particolari, poiché ne ha riassorbito il sostrato spirituale e ha utilizzato «le forme esterne delle fedi locali per rendere più facile il passaggio ai concetti buddhisti». Questo è quanto è successo anche in Tibet, dove il Buddhismo ha integrato molte credenze e usanze del Bön, l’antichissima forma autoctona di sciamanismo secondo cui nel sogno è possibile ricevere insegnamenti fondamentali. Infatti, i maestri che hanno sviluppato l’alta dote di permanere nella coscienza e vantano una lucidità oggettiva e superiore, possono accedere al gong-ter, ossia al ‘tesoro della mente’, che è nascosto negli abissi dell’essere e appartiene all’Umanità. Il procedimento si realizza nel corso del rito chöd (‘recidere’), una pratica visionaria che concerne il Bön e che si rifà al concetto di smembramento tipico della tradizione sciamanica. La funzione della cerimonia è il conseguimento del distacco dal corpo e la totale offerta di sé al prossimo. La tradizione vuole che il chöd sia stato fatto conoscere al Maestro Tongjung Thuchen proprio nei suoi sogni, affinché potesse poi trasmetterlo. Durante il rito l’adepto, solo in un luogo macabro di montagna, danza:

[…] identificando le sue passioni e i suoi desideri con il suo corpo, lo offre in banchetto alle Dakini. In seguito lo visualizza come un «cadavere grasso e succulento» di vaste dimensioni e, ritirandosi mentalmente da esso, contempla la Dea Vajra-yogini che ne recide la testa, trasformando il cranio in un calderone gigantesco nel quale getta grossi pezzi delle sue ossa e brandelli della sua carne. Quindi, mediante le parole di potere, l’adepto tramuta l’intera offerta in amrita (‘nettare’) e invita i diversi esseri soprannaturali a divorarla.

Il Buddhismo tibetano è definito lamaismo per l’importanza che storicamente assume nella sua tradizione la figura del Lama, ‘Maestro’. Il lamaismo prevede infatti una struttura fortemente gerarchizzata e teocratica in cui il potere anche politico spetterebbe al Dalai Lama, ‘Maestro che è oceano di saggezza’, e il potere spirituale al Pan c’en-Lama. Secondo le antiche consuetudini il primo risiedeva nel convento Potala a Lhasa, il secondo dimorava nel monastero di Tashi Lhumpo. Ai due Lama seguono nell’ordine gerarchico 180 Hutuktu, ritenuti incarnazioni di bodhisattva. Alla morte del Lama, gli alti religiosi si mettono alla ricerca di un bambino che, secondo il loro giudizio e in base all’accadimento di eventi straordinari, risulta essere la reincarnazione in cui si è rifugiata l’anima del defunto. Infatti, nel caso in cui le previste prove di accertamento confermino la legittimità della scelta, il piccolo individuato occupa il posto del Lama precedente.

Il lamaismo, che predica il culto della naturalezza e dell’assoluta non-violenza, è molto attento all’alternarsi di fasi che costituiscono il Ciclo, l’eterno divenire, e presuppone una riflessione quanto mai semplice sull’uomo. Quali che siano la sua natura, il suo comportamento, il suo ruolo, il suo senso etico o la sua cultura, l’essere umano termina la giornata sempre allo stesso modo: dormendo. Lo stato di sonno per i tibetani rappresenta un’opportunità senza pari nel conseguimento di un livello superiore nella scala dell’evoluzione interiore. Secondo la loro cultura quando l’uomo si addormenta vive un momento di passaggio in cui tutto ciò che conosce di sé si dissolve nel buio per ricomparire in una dimensione diversa, profondamente esoterica, che si palesa attraverso le immagini del sogno.

A tutti è dato sognare, a prescindere dalla capacità di ricordarlo. Per i tibetani la dimensione onirica è un fatto misterico che consente di sviluppare la consapevolezza, fornendo insegnamenti preziosi percepibili in maniera più immediata rispetto allo stato di veglia, poiché nel sogno l’uomo è libero da vincoli, condizionamenti e filtri, estremamente attivi nella quotidianità. Durante il sogno l’uomo contatta un bagaglio di Conoscenza che appartiene all’Umanità e che deriva dal proprio Saggio interiore e dall’esperienza dei Maestri ascesi, presente in lui come una sorta di Dna spirituale e pronto a riemergere.

Il sogno diventa quindi un’occasione irrinunciabile per lavorare su se stessi, data la sua intrinseca qualità di far percepire, o almeno assaporare, la valenza del proprio Sé, a differenza della cosiddetta vita «reale», durante la quale l’uomo vive il limite dell’identificazione con la materia, con le proprie emozioni, con i desideri.

Quindi, in alcuni nasce la necessità della Pratica, ossia della costante applicazione di se stessi al conseguimento dello scopo supremo secondo la spiritualità tibetana: la Liberazione, che, in altri termini, è il ricongiungimento dell’individuo con la Fonte Divina. Sorgono allora, secondo la tradizione, varie tecniche di Yoga meditativo, che portano a una presenza vivida e attenta dell’uomo, che nel sonno è meno afflitto dalle distrazioni abituali. Le tecniche vengono attuate con l’obiettivo di conseguire una continuità dello stato di coscienza, forma di consapevolezza permanente. Quando il praticante consegue un livello di stabilità ed equilibrio in questo senso, lo Yoga del sogno diventa anche preparazione al bardo, quello stadio che si vive nell’intervallo tra la morte e la rinascita, cui è necessario prepararsi durante la vita terrena per potersi liberare con facilità del proprio corpo e passare consapevolmente all’incarnazione successiva:

La pratica della luce naturale riguarda fondamentalmente lo stato che precede il sogno. Ad esempio, una persona si addormenta, e addormentarsi significa che tutti i sensi svaniscono all’interno. Da quel momento c’è un periodo di transizione, di passaggio, fino a che si comincia a sognare. Tale periodo può essere più o meno prolungato. Per alcune persone lo stato del sogno inizia quasi subito non appena ci si addormenta. Ma che cosa significa lo stato di sogno? Significa che la mente riprende a funzionare. Al contrario, il cosiddetto stato o momento della luce naturale non implica il funzionamento della mente. È il periodo che va dal momento in cui ci si addormenta fino a quando la mente riprende a funzionare. Cosa avviene dopo? Inizia quello che è detto il milam bardo (rmi lam bar do), lo ‘stato intermedio del sogno’. Esiste una corrispondenza fra gli stati del sonno e del sogno e le esperienze che si hanno alla morte. Quando una persona muore, prima di tutto i sensi svaniscono. In riferimento agli stati di bardo, si parla del bardo del momento della morte, il chikhai bardo (‘chi kha’i bar do). Durante questo periodo il morente ha molte sensazioni legate alla graduale scomparsa o perdita delle funzioni dei sensi. Quindi, sopraggiunge uno stato di incoscienza, simile a uno svenimento, e a questo punto inizia la manifestazione delle quattro luci. […] In realtà è come se si fosse svenuti e, con il sorgere delle luci, la coscienza inizia a risvegliarsi molto lentamente.

Secondo la cultura tibetana l’uomo comune è un essere imbrigliato nelle trame del Samsara, il regno della sofferenza causata dall’ignoranza e dalla visione duale. La visione duale appartiene all’essere umano da quando la mente logica ha cominciato a operare delle distinzioni, rompendo l’idea di Unità per cui ogni cosa è parte del Tutto e cominciando a creare il concetto di categorie opposte attraverso cui tutti giudicano. Da allora al bello si contrappone il brutto, al bene il male, alla vita la morte. I maestri tibetani insegnano che, a causa di un’identificazione con questo pensiero frazionato, l’uomo è caduto nella trappola di valutare reale la quotidianità, mentre l’unica realtà è quella interiore. E così, come subisce i fatti della vita terrena considerandoli veri, percepisce come vere le immagini della mente che gli si prospettano durante il sogno:

In un sutra Buddha Shakyamuni descrive, mediante l’uso di diverse metafore, il mondo fenomenico da noi generalmente considerato reale. La nostra realtà viene paragonata a una stella cadente, a un’illusione ottica, alla fiamma tremolante di una lampada, alle gocce di rugiada all’alba, alle bolle d’acqua, al fulmine, a un sogno e alle nuvole. Secondo il Buddha, tutta l’esistenza, tutti i dharma e in pratica tutti i fenomeni sono assolutamente irreali e soggetti a repentino mutamento come gli esempi appena menzionati. Un altro sutra utilizza ulteriori immagini poetiche per mostrare la natura irreale della nostra condizione di esistenza. Queste includono il riflesso della Luna nell’acqua, un miraggio, una città fatta di suoni, un arcobaleno, il riflesso in uno specchio e ancora una volta un sogno.

La Pratica è la possibilità di affrancarsi dall’ignoranza e dalla visione duale, e la Liberazione comporta il conseguimento del Nirvana, stato di unitarietà proprio dell’Illuminazione, che implica una beatitudine indefinibile. L’uomo che osserva oggettivamente il suo modo di affrontare le esperienze della vita sa già come affronterà il viaggio post mortem e, soprattutto, se è realmente sveglio o se ancora conduce un’esistenza da addormentato. Saper sviluppare una capacità di attenzione nel sogno comporterà, invece, la possibilità di vivere attivamente il proprio bardo.

Nell’ambito della tradizione tibetana il concetto di ignoranza è un punto cardine per la comprensione di un eventuale percorso spirituale. Ogni esperienza della vita, inclusi i sogni, sorge proprio dall’ignoranza, cioè dall’innata incapacità di comprendere la natura propria e quella del mondo. È infatti l’incapacità di percepire l’oggetto in maniera integrale e obiettiva a rendere l’uomo vittima della visione duale, e il sogno, illusione indispensabile alla crescita così come la vita terrena, è lo spazio in cui con nitidezza si possono identificare e vivere le proprie contraddizioni e discriminazioni basate sui concetti di piacere e di volere:

La tradizione tibetana distingue tra due tipi di ignoranza: quella innata e quella culturale. L’ignoranza innata è la base del Samsara, la caratteristica che definisce gli esseri ordinari. È ignoranza della nostra vera natura e della vera natura del mondo e ci fa cadere prigionieri delle illusioni della mente dualistica. Il dualismo reifica polarità e dicotomie. Divide l’unità inscindibile dell’esperienza in questo e quello, giusto e sbagliato, tu e io. Basandoci su queste divisioni concettuali, sviluppiamo preferenze che si manifestano come attaccamento e avversione, le risposte abituali che formano la maggior parte di ciò che identifichiamo come noi stessi. […] Esiste un altro tipo di ignoranza che è condizionata culturalmente. Sorge quando desideri e avversioni vengono istituzionalizzati in una cultura e codificati in sistemi di valori. […] I diversi credo nascono dai pregiudizi e dalle credenze che sono parte delle varie culture, non della saggezza fondamentale.

La visione duale caratterizza l’esistenza sino al momento dell’Illuminazione ed è la madre di tutte le emozioni negative. Queste ultime sono alla base dell’agire e costituiscono il karma individuale. Questa legge non risparmia il mondo onirico, in cui si manifestano evidenti tracce karmiche. L’uomo riceve inconsapevolmente degli input dalla quotidianità che lo inducono a reagire anche all’interno del sogno.

Ecco quanto sostiene Tenzin Wangyal Rinpoche:

Qualsiasi reazione a qualsiasi situazione, esterna o interna, da svegli o in sogno, che abbia le sue radici nell’attaccamento o nell’avversione, lascia una traccia nella mente. Man mano che il karma detta le reazioni, esse a loro volta gettano ulteriori semi karmici, che dettano altre reazioni, e così via. Così il karma produce altro karma. È la ruota del Samsara, il ciclo senza fine di azione e reazione.

Il ricordo di ogni esperienza è un’immagine che l’uomo imprime a fuoco in sé e serba in quel grande bagaglio personale che è l’inconscio. Secondo l’insegnamento tibetano, le forti emozioni rievocano immagini che diventano il simbolo delle varie tracce karmiche. Il sogno è la narrazione analogica delle immagini rielaborate dalla coscienza, che ha la funzione di portare la luce sugli oggetti smarriti o nascosti nella parte più recondita del Sé.

Lo Yoga del sogno parte dal presupposto di comprendere il karma per poter reagire in maniera positiva alle esperienze di cui finalmente si comprende la dinamica spirituale. Non è una pratica che si prefigge la manipolazione dell’inconscio, ma un affinamento della capacità di introspezione in vista di un ampliamento della consapevolezza, affinché l’osservante diventi cosciente che ogni situazione è opportunità di crescita:

Nel sogno le tracce karmiche si manifestano nella coscienza prive dei legami della mente concettuale, attraverso cui così spesso razionalizziamo una sensazione o una fuggevole immagine mentale, allontanandola. Possiamo pensare a questo processo nei seguenti termini: durante il giorno, la coscienza illumina i sensi e sperimentiamo il mondo, intessendo esperienze sensoriali e psichiche all’interno del complesso significativo della nostra vita. Di notte, la coscienza si ritira dai sensi e risiede nella base. Se abbiamo sviluppato una forte pratica della presenza, con una grande espe rienza della natura vuota e luminosa della mente, allora saremo coscienti di questa pura, lucida consapevolezza e presenti in essa. Ma, per la maggior parte di noi, la coscienza illumina gli oscuramenti, le tracce karmiche, e queste si manifestano come sogni.

Secondo la visione yogica l’esercizio consente al praticante di bruciare i semi karmici che condizionerebbero il suo futuro. Quando si manifestano per la prima volta durante un episodio onirico, in una fase di chiara luce, l’uomo, libero da condizionamenti, può affrontarli e risolverli prima che attecchiscano nella quotidianità. Ciò avviene nello stato che i tibetani definiscono rigpa, letteralmente ‘coscienza innata’, ossia uno stato di piena consapevolezza in cui si recupera la visione non duale. Se il praticante non è ancora in grado di sperimentare questa condizione, può comunque lavorare sui sogni attivando in essi comportamenti positivi e spirituali, finché non sarà pronto ad abbandonare la visione degli opposti che implica distinzioni e predilezioni. Quando la coscienza sarà totalmente libera dai tratti bui e dai residui karmici che sono la radice dei sogni, potrà vivere incondizionatamente pura, nella Luce. Allora non ci sarà più necessità di sognare e si conseguirà l’Illuminazione, lo stato supremo che non a caso suole anche definirsi Risveglio.

Esistono tre tipi di sogno:

– I sogni samsarici. Sono quelli ordinari, che traggono origine dalle tracce karmiche. La loro rilevanza è connessa al sognatore, che attribuirà loro un significato la cui valenza è strettamente personale: infatti, lo stesso sogno prodotto da un’altra mente avrebbe interpretazione e senso diversi, così come una stessa esperienza nella quotidianità segna due persone in maniera differente, a seconda delle loro peculiarità.

– I sogni della chiarezza. Costituiscono palesemente un gradino superiore nella scala evolutiva del praticante. Sono meno soggetti ai condizionamenti karmici e sono il premio per un’acquisita capacità del sognatore di mantenere attenzione nel sogno spingendosi oltre il limite della visione duale. Non sono più un’esperienza meramente personale, in quanto il sognatore può rintracciarvi insegnamenti ed elementi in genere appartenenti alla Conoscenza oggettiva. Se i sogni samsarici, che si connotano come semplice espressione del nostro vissuto quotidiano, sono semplicemente illusione, i sogni della chiarezza si avvicinano notevolmente alla purezza. Sebbene possa occasionalmente succedere anche a una persona comune di fare sogni appartenenti a questa categoria, è naturale che essi appartengano abitualmente a individui evoluti che praticano costantemente.

– I sogni della chiara luce. Sono i sogni più elevati che si manifestano soltanto al praticante evoluto, in grado di mantenere una condizione di mente pura. Sono per colui, cioè, che sa vivere il rigpa nella quotidianità così come nel sogno. Questo particolare stato di coscienza non è, come molti intendono, l’assenza di pensieri, ma la capacità di non attaccarsi e identificarsi con essi, lasciandoli nascere e svanire nella più totale naturalezza oltre i limiti di ogni connotazione e di ogni dualità.

Il primo tipo di sogni deriva dall’esperienza e dalle emozioni, i secondi dalla coscienza, i terzi non sono più una vicenda individuale in cui si distingue il sogno dal sognatore, il significante dal significato, ma rappresentano esclusivamente un’attività della mente nei confronti della quale il praticante mantiene un atteggiamento di osservazione, data l’ormai conseguita capacità di ripartire la propria attenzione.

La funzione del sogno per i mistici tibetani è, dunque, evidente: è un insostituibile indicatore nella pratica spirituale. Fornisce le motivazioni per entrare nel cammino, rivela il grado evolutivo del praticante e la corretta esecuzione della Pratica. Un vero Maestro usa i sogni degli allievi per comprenderli e percepire il giusto momento per l’assegnazione di un nuovo compito, altrimenti verifica tramite l’attività onirica se i discepoli stanno davvero lavorando su di sé.

L’insegnamento del Dzogchen è molto interessato alle esperienze del sogno e a tutti i fenomeni ad esso correlati nonché la prescienza (preveggenza). Alcuni metodi, tra cui anche lo “Yoga del sogno” sono impiegati per sviluppare una maggiore consapevolezza allo scopo ultimo di conseguire la liberazione.

Secondo l’insegnamento Dzogchen i sogni possono essere raggruppati in due categorie: i sogni di tipo più comune, causati dalle tracce karmiche - “sogni karmici” - e i sogni che rilevano un’opportunità di accesso alla dimensione spirituale - “sogni di chiarezza”.

I sogni di tipo karmico possono risalire ad una vita passata, alla giovinezza e al passato più recente della persona.

Nella tradizione della medicina tibetana, un medico che indaga le origini di una malattia considererà anche a quale di questi tre stati di esistenza si riferiscono i sogni del malato. A volte, se una persona è affetta da una grave malattia molto difficile da curare, ciò può essere dovuto a cause karmiche risalenti all’infanzia, o persino a una vita passata; ma, una malattia può anche scaturire da una causa karmica maturata in base ad azioni recenti. Perciò, in questi casi, l’esame dei sogni è uno dei mezzi più importanti per analizzare e individuare le cause primarie e secondarie del problema.

Nei sogni condizionati dalle tracce karmiche, possono apparire cose sconosciute delle quali non si è avuta esperienza in questa vita, come visioni di altri paesi, o di gente dalle usanze e dalla lingua ignote.

Per alcuni individui, i “sogni di chiarezza” sorgono spontaneamente dalla limpidezza della mente, senza la necessità di applicare metodi secondari per rilassare il corpo, o controllare l’energia.

Lo “Yoga del sogno” riguarda fondamentalmente lo stato che precede il sogno. Se siete persone di natura agitata, prima di andare a letto potete fare alcuni esercizi di respirazione profonda per regolare il flusso del respiro e calmarvi. Quindi concentratevi sulla lettera -A-, immaginandola di colore bianco, in modo che, visualizzandola automaticamente, riconosciate il suo suono. Questo simbolo rappresenta l’unificazione dello stato di coscienza di tutti i vostri maestri.

Se non riuscite a concentrare e a visualizzare questa lettera, il problema può essere che non siate in grado di ; in questo caso, scrivete una -A- su un foglio di carta, ponetela di fronte a voi e fissatela un po’. Quindi, chiudete gli occhi, e questa -A- apparirà immediatamente alla vostra mente. Cercate di rilassarvi senza mai abbandonare la -A- sino a che non ci si addormenta.

Con questa visualizzazione si utilizza l’attività mentale allo scopo di raggiungere, infine, uno stato che trascende la mente. E’ ugualmente molto importante ricordare la pratica della -A- bianca nel momento in cui vi svegliate al mattino.

Se possibile, intonate subito il suono -AAAA-. Se non potete farlo perché qualcuno dorme accanto a voi, è sufficiente esalare il respiro con il suono -AAAAA- in modo da potervi udire e sentire la presenza della -A- bianca. Ricordando la -A- bianca al mattino e poi concentrandola di nuovo alla sera, si viene a creare una specie di connessione, o continuità di presenza.

La visualizzazione della -A- nella gola, è particolarmente adatta per ricordare i sogni, e ha la specifica funzione di controllare l’energia e la chiarezza. Quando si visualizza la -A- bianca nel cuore, si lavora nel principio della luce naturale.

Se avete avuto una giornata particolarmente faticosa e, tornati a casa, vi è rimasta solo l’energia per mangiare e andare a letto, cadrete in un sonno pesante, e molto difficilmente si manifesteranno sogni di chiarezza. A causa del sonno pesante, inoltre, potrà risultare difficile persino ricordare i sogni. Tuttavia, avvicinandosi all’alba, appena prima del risveglio, i vostri sogni possono diventare più chiari.

Un sogno associato alla chiarezza può avere un significato particolare per il sognatore. Può indicare molte cose.

Quando si sviluppa la chiarezza è molto facile avere particolari manifestazioni durante il sogno, come per esempio scoprire qualcosa riguardante il futuro.

I sogni di chiarezza sono legati alla nostra saggezza innata, ai semi karmici che abbiamo prodotto attraverso l’esperienza della meditazione e alle azioni positive svolte anche nella nostra attività quotidiana. Vi sono altri sogni legati alla chiarezza nei quali è possibile fare molte cose, come studiare, leggere, o apprendere. Una persona che riceve una “trasmissione”, anche se in quel momento non ha la capacità di comprendere, in futuro prima o poi scoprirà il significato dell’insegnamento.

I sogni, in conclusione, sono parte della nostra vita. Nella vita abbiamo il giorno e la notte. Di notte abbiamo confusione nei sogni; di giorno abbiamo confusione nella mente; giudichiamo, pensiamo, creiamo tante cose. Mantenere la consapevolezza nello stato del sogno, significa continuare la stessa presenza che abbiamo durante il giorno, e, con la pratica, farla progredire.

Ritornerà così ad essere unica la relazione originaria all'interno dell'individuo, o lo stato della relazione fra il maschile e il femminile, soggetto e oggetto, luce e ombra, verità e amore.

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